RIFLESSIONI
IL TERAPEUTA GIUSTO.
Trovare un terapeuta adeguato che abbia l’orientamento giusto è una delle domande che generalmente ci si fa prima di intraprendere una psicoterapia. Per i non addetti ai lavori, muoversi fra i vari approcci non è affatto semplice.
Una mia paziente, essendosi trovata lei stessa in questo difficile dilemma, aveva pensato di aiutare i futuri compagni di viaggio scrivendo un vademecum con la sintesi dei vari approcci. Era un ottima idea, ma per muoversi in questo ambito serve una certa conoscenza della materia, mappe chiare, sintetiche ma non banalizzanti, insomma, impresa tutt’altro che facile.
Gli approcci sono tanti: quelli psicodinamici si basano più sulle cause, sul passato, richiedono prevalentemente un percorso “archeologico”; quelli cognitivi, studiano piuttosto le distorsioni del pensiero e le sue conseguenze, altri si focalizzano sul “qui ed ora”e tendono più all’espressione delle emozioni represse.
In verità mi chiedo, per qualcuno che non è del campo, e non parla “psicologichese”, quale particolare significato possano avere concetti quali “dal qui ed ora al là ed allora” o “lavorare sull’inconscio”, o “sulla relazione” o “sulla sedia calda”: belle parole che aprono mondi e fantasie ma in finale, a chi sta cercando un po’ di chiarezza, non risultano essere di grande aiuto.
Secondo Wilber, i vari approcci non sono fra loro antitetici bensì complementari: se guardiamo alla psiche come se fosse una cipolla, con i problemi psicologici radicati, ciascuno, in uno dei differenti strati, potremmo dire che ogni teoria si occupa di un aspetto, ovvero di uno strato della cipolla, quello necessario a quella persona in quel momento. Un terapeuta in genere è in grado di valutare quale approccio sia più utile per quella persona e in caso non sia di sua competenza, lo indirezzerà ad un collega che ha un approccio differente qualora ciò risulti appropriato.
Una mia paziente, essendosi trovata lei stessa in questo difficile dilemma, aveva pensato di aiutare i futuri compagni di viaggio scrivendo un vademecum con la sintesi dei vari approcci. Era un ottima idea, ma per muoversi in questo ambito serve una certa conoscenza della materia, mappe chiare, sintetiche ma non banalizzanti, insomma, impresa tutt’altro che facile.
Gli approcci sono tanti: quelli psicodinamici si basano più sulle cause, sul passato, richiedono prevalentemente un percorso “archeologico”; quelli cognitivi, studiano piuttosto le distorsioni del pensiero e le sue conseguenze, altri si focalizzano sul “qui ed ora”e tendono più all’espressione delle emozioni represse.
In verità mi chiedo, per qualcuno che non è del campo, e non parla “psicologichese”, quale particolare significato possano avere concetti quali “dal qui ed ora al là ed allora” o “lavorare sull’inconscio”, o “sulla relazione” o “sulla sedia calda”: belle parole che aprono mondi e fantasie ma in finale, a chi sta cercando un po’ di chiarezza, non risultano essere di grande aiuto.
Secondo Wilber, i vari approcci non sono fra loro antitetici bensì complementari: se guardiamo alla psiche come se fosse una cipolla, con i problemi psicologici radicati, ciascuno, in uno dei differenti strati, potremmo dire che ogni teoria si occupa di un aspetto, ovvero di uno strato della cipolla, quello necessario a quella persona in quel momento. Un terapeuta in genere è in grado di valutare quale approccio sia più utile per quella persona e in caso non sia di sua competenza, lo indirezzerà ad un collega che ha un approccio differente qualora ciò risulti appropriato.
In alcuni casi, per esempio, sono più utili tecniche che mettono a contatto con le emozioni, in altri non è opportuno; a volte, un lavoro sull’inconscio, sui sogni, è consigliabile, in altre no. Nei primi colloqui, lo psicoterapeuta comprenderà quale dovrebbe essere la strada migliore.
Quando è il momento giusto per iniziare una psicoterapia? A volte la risposta è molto semplice, dei sintomi chiamano forte: attacchi di panico, ansia, ossessioni, compulsioni, depressioni, problemi sessuali, crisi di coppia, disturbi alimentari etc.
In questi casi direi che la scelta è quasi obbligata, ed il tempo è arrivato.
Vero è che sempre più spesso si ricorrere ai farmaci. Da una recente ricerca del CNR di Pisa risulterebbe che gli student italiani siano i primi in Europa per l’utilizzo di psicofarmaci. Non è certo una notizia esaltante.
E’indubbio il fondamentale contributo dei farmaci in alcune psicopatologie o in alcuni particolari momenti della vita, cosí come è indubbio che la consapevolezza è indispensabile parte della cura. Perciò, se non avvengono cambiamenti interiori, il pericolo di ricadute, tolto il farmaco, è molto alto.
Quando è il momento giusto per iniziare una psicoterapia? A volte la risposta è molto semplice, dei sintomi chiamano forte: attacchi di panico, ansia, ossessioni, compulsioni, depressioni, problemi sessuali, crisi di coppia, disturbi alimentari etc.
In questi casi direi che la scelta è quasi obbligata, ed il tempo è arrivato.
Vero è che sempre più spesso si ricorrere ai farmaci. Da una recente ricerca del CNR di Pisa risulterebbe che gli student italiani siano i primi in Europa per l’utilizzo di psicofarmaci. Non è certo una notizia esaltante.
E’indubbio il fondamentale contributo dei farmaci in alcune psicopatologie o in alcuni particolari momenti della vita, cosí come è indubbio che la consapevolezza è indispensabile parte della cura. Perciò, se non avvengono cambiamenti interiori, il pericolo di ricadute, tolto il farmaco, è molto alto.
Altre volte si soffre per una cronica e costante insoddisfazione, un senso di vuoto, un bisogno direi più esistenziale, di trovare il proprio posto nel mondo,un sentirsi sempre irrealizzati, nonostante gli eventi dimostrino il contrario. In questi casi la ricerca è quella di percorsi che aiutino a dare senso e significato alla propria esistenza. La psicoterapia è uno di questi ma non l’unico, a volte quest’insoddisfazione è sintomo di una mancata piena realizzazione delle proprie potenzialità, o un bisogno di spiritualità negate. E’ interessante leggere in un libro poco conosciuto di Tolstoi “Confessione” in cui l’autore narra di aver sofferto di una forte depressione del tutto inspiegabile visto che ormai aveva raggiunto tanti successi sia come uomo che come scrittore, che si rivelerà essere un bisogno profondo di spiritualità.
Personalmente credo che la terapia riguardi un po’ tutti, è uno stimolo a guardare da una finestra diversa, aiuta a diventare un po’ più amici di se stessi, delle proprie luci ed ombre e a regolare meglio i chiaroscuri.
In particolare penso a chi lavora nel campo dell’educazione o della salute, ma anche in campi che possono sembrare più distanti, come, ad esempio, quello della politica.
Come aiutare un bambino a sviluppare il proprio potenziale, a credere in se stesso, a sviluppare armonia, accettazione, se tutto ciò non è qualcosa che abbiamo realizzato noi stessi. Trasmettiamo ciò che siamo, molto più di ciò che pensiamo.
Personalmente credo che la terapia riguardi un po’ tutti, è uno stimolo a guardare da una finestra diversa, aiuta a diventare un po’ più amici di se stessi, delle proprie luci ed ombre e a regolare meglio i chiaroscuri.
In particolare penso a chi lavora nel campo dell’educazione o della salute, ma anche in campi che possono sembrare più distanti, come, ad esempio, quello della politica.
Come aiutare un bambino a sviluppare il proprio potenziale, a credere in se stesso, a sviluppare armonia, accettazione, se tutto ciò non è qualcosa che abbiamo realizzato noi stessi. Trasmettiamo ciò che siamo, molto più di ciò che pensiamo.
“Tutti i grandi sono stati piccoli ma pochi di essi se ne ricordano” (Il piccolo principe).
Mi chiedo quanto debba essere difficile per i medici mantenere quell’empatia così importante nel rapporto terapeutico quando si è continuamente in contatto con la malattia, la morte; difficile non costruirsi una corazza per proteggersi, ma questa a volte funziona così bene da non far passare emozioni! Mantenere la giusta dose di umanità non è affatto facile e così, spesso, ascoltiamo pazienti lamentarsi della freddezza o dell’eccessivo tecnicismo dei medici.
Chi lavora nella politica ed ha quotidianamente a che fare con il potere, con il promuovere cambiamenti e trasformazioni della società, con la gestione del consenso, con tutto ciò che ha profondi riflessi “sugli altri”, dovrebbe, tanto più, partire da se stesso, approfondendo e prendendo consapevolezza delle vere motivazioni alla base del proprio impegno.
Partendo dal presupposto che non esistono terapie migliori o peggiori, ma che la terapia, in finale, è un viaggio nella nostra interiorità, è necessario che chi ci accompagna conosca la mappa, seppur non il territorio – ogni persona è unica ed irripetibile e la terapia non è qualcosa di preconfezionato – e che sia un compagno di viaggio fidato.
Concedetevi quindi due o tre colloqui prima di prendere le vostra decisioni e non abbiate timore di fare domande, ne avete ampiamente il diritto, date voce alle vostre emozioni, riflessioni, impressioni. Vedrete così calare la nebbia iniziale e capirete se il luogo, le atmosfere, le parole, i silenzi, le risposte, le riflessioni, l’ascolto, l’autenticità, l’attenzione vanno bene per voi.
A mio parere non è così determinante l’approccio quanto la persona ed il rapporto che con questa si crea. Quale messaggio fondamentale per terapeuti e per pazienti vale il detto di Jung:
Chi lavora nella politica ed ha quotidianamente a che fare con il potere, con il promuovere cambiamenti e trasformazioni della società, con la gestione del consenso, con tutto ciò che ha profondi riflessi “sugli altri”, dovrebbe, tanto più, partire da se stesso, approfondendo e prendendo consapevolezza delle vere motivazioni alla base del proprio impegno.
Partendo dal presupposto che non esistono terapie migliori o peggiori, ma che la terapia, in finale, è un viaggio nella nostra interiorità, è necessario che chi ci accompagna conosca la mappa, seppur non il territorio – ogni persona è unica ed irripetibile e la terapia non è qualcosa di preconfezionato – e che sia un compagno di viaggio fidato.
Concedetevi quindi due o tre colloqui prima di prendere le vostra decisioni e non abbiate timore di fare domande, ne avete ampiamente il diritto, date voce alle vostre emozioni, riflessioni, impressioni. Vedrete così calare la nebbia iniziale e capirete se il luogo, le atmosfere, le parole, i silenzi, le risposte, le riflessioni, l’ascolto, l’autenticità, l’attenzione vanno bene per voi.
A mio parere non è così determinante l’approccio quanto la persona ed il rapporto che con questa si crea. Quale messaggio fondamentale per terapeuti e per pazienti vale il detto di Jung:
“nessuno può condurre l’altro dove non è lui stesso arrivato”.